Guarire la Terra guarendo noi stessi

di Kaira Jewel Lingo

Originalmente pubblicato in inglese Loving the Earth by Loving One Another

Vi è una connessione fra il modo in cui trattiamo noi stessi, gli altri e il pianeta. Nessuno di questi domini è separato. Tutti si influenzano l’un l’altro. Se trattiamo noi stessi con rispetto e con amore, e se creiamo relazioni di rispetto e di amore con altri, ci relazioneremo anche alla Terra con rispetto. Non recheremmo così tanto danno al pianeta se non stessimo maltrattando, nuocendo e sfruttando noi stessi e gli altri.

In questi tempi caotici di disconnessione ci vuole una trasformazione che si basi sull’allineamento fra noi e il nostro corpo, fra noi e la natura in cui viviamo. Dobbiamo sapere, prima di tutto, che la natura è un’eredità che abbiamo ricevuto. Il nostro corpo è una forma di natura, non dovrebbe essere odiato, sfruttato o massacrato. Il corpo è formato da tutti i grandi elementi: la terra, l’acqua, l’aria e il fuoco. Quando maltrattiamo i corpi collettivi sociali, stiamo maltrattando e inquinando anche gli elementi collettivi. In termini buddhisti, quando ignoriamo la natura stiamo ignorando uno dei cinque skanda, la forma. (Rev. Zenju Earthlyn Manuel da The Way of Tenderness)

IL PREZZO DELLA DOMINAZIONE

Possiamo vedere nella supremazia bianca e in altre forme di dominazione, come il patriarcato, un distacco necessario e simultaneo dal sapere di essere tutt’uno con la Terra. Il sistema che ha schiavizzato gli africani per lavorare nelle piantagioni delle Americhe si fondava sul dissociarsi dei cosiddetti “bianchi” dal proprio corpo e dalla terra per poter disumanizzare altre persone (e il sistema stesso delle piantagioni si basava sull’uomo che domina la natura). In maniera simile, gli uomini hanno dovuto negare il proprio corpo e la loro connessione con la terra per poter soggiogare le donne in sistemi patriarcali.

Quando guariamo le nostre ferite umane, stiamo anche portando guarigione alla Terra.

Questi sistemi di dominazione rispecchiano i dualismi più profondi che sono emersi quando le società umane si sono trasformate da cacciatori-raccoglitori in società agrarie – separare e dare privilegio, fra cielo e terra, fra mente e corpo, maschile e femminile, spirituale e mondano, razionale e emotivo. Queste dualità spesso implicavano non solo la superiorità dell’uno e la sottomissione dell’altro, ma anche la completa negazione di ciò che era considerato inferiore. Così, i popoli africani e indigeni dovevano essere classificati come non umani. La loro umanità doveva essere negata per poter dare un certo significato all’umanità dei “bianchi”.

Per poter fare qualsiasi gesto di crudeltà, è necessario che non vediamo noi stessi negli altri, che neghiamo la nostra umanità condivisa, e quindi che ci distacchiamo dal pianeta.

IL MONDO CHE SIAMO

Thich Nhat Hanh
Thich Nhat Hanh a Parigi, 2006.
©
Duc, CC BY-SA 2.0

Thich Nhat Hanh, il mio maestro, insegna che alla luce dell’interessere, non siamo semplicemente all’interno dell’ambiente, noi siamo l’ambiente. L’idea contenuta nel suo libro, Il Mondo che Abbiamo, si è successivamente evoluta nella serie di discorsi intitolata ‘Il Mondo che Siamo.’ Il dentro è fuori, ciò che è nella nostra mente e nel nostro cuore è ciò che si manifesta come il nostro mondo, e viceversa. Nel Avatamsaka Sutra, il laico Vimalakirti disse, “è perché il mondo è malato che io sono malato.” L’ansia in incremento, ora chiamata ‘eco-ansia’, è un’espressione di questa malattia di cui soffriamo in molti, man mano che la Terra si ammala di più.

Robert Gilman, che ha fondato nei primi anni ’70 The Context Institute, la prima organizzazione che ha considerato seriamente il tema della sostenibilità su scala globale, ha detto: “Non ci sono problemi ambientali, ci sono solo sintomi ambientali di problemi umani.” Se riusciamo ad arrivare alle radici dei nostri problemi umani, l’ambiente tornerà naturalmente in equilibrio.

GUARIRE L’AMBIENTE È GUARIRE NOI STESSI

Ho avuto l’enorme piacere di recente di conoscere John Francis. Francis è un ambientalista afro-americano, un mediatore di pace che ha attraversato gli Stati Uniti e molti altri paesi a piedi. Ha praticato il silenzio per 17 anni e non ha utilizzato alcun veicolo motorizzato per 22 anni, dopo che ha visto la devastazione causata da una fuoriuscita di petrolio nella baia di San Francisco nel 1977.

Egli scrive,

“…se le persone sono davvero parte dell’ambiente, il modo in cui trattiamo noi stessi e gli altri è la nostra prima opportunità di trattare l’ambiente in maniera sostenibile, o semplicemente di comprendere la natura della sostenibilità. Perciò, nel ambito multidisciplinare di studi sull’ambiente, dobbiamo allargare il nostro campo d’investigazione per includere altri modi secondo i quali gli esseri umani si relazionano fra loro. Noi come specie dovremmo mettere fine alla guerra, all’oppressione, allo sfruttamento e alla tirannia, perché il modo in cui ci trattiamo si manifesta nel nostro ambiente fisico.” (John Francis, The Ragged Edge of Silence)

Possiamo allargare la nostra concezione sul guarire l’ambiente per comprendere il guarire noi stessi. Per rispondere in maniera efficace alla distruzione del nostro ambiente, è cruciale che diveniamo capaci di affrontare tutte le forme di oppressione. In più, un approccio del genere aiuterebbe ad arricchire di diversità il movimento ambientalista, che dalla sua origine negli USA ha collaborato con ideali razzisti e che da allora è rimasto un movimento prevalentemente bianco, maschile, eterosessuale, ed economicamente privilegiato.

QUANDO GUARIAMO LE NOSTRE FERITE UMANE, PORTIAMO GUARIGIONE ANCHE ALLA TERRA

Nei primi anni del 2000, quando ero una monaca nel monastero Plum Village in Francia, Thich Nhat Hanh mi ha chiesto di raccogliere materiale per un libro che festeggiasse il 20° anniversario di Plum Village con racconti della comunità. “Sono arrivato, sono a casa: Festeggiare 20 anni di vita a Plum Village.”

A questo scopo ho intervistato una persona che abitava lì vicino, e che ha vissuto la sua intera vita a Loubes-Bernac, a circa un chilometro dal nostro monastero, vicino a Thenac. Mi ha raccontato che durante la seconda guerra mondiale, centinaia di paesani furono messi al rogo nella chiesa dall’esercito d’occupazione nazista e che membri della resistenza francese furono giustiziati sul muro che si trova accanto alla cucina del nostro monastero. Questo vicino descriveva la pesantezza e l’oscurità che rimase nella zona per decenni dopo la guerra. Ha detto che lui e altri hanno notato che dopo la costruzione del monastero e della comunità di Plum Village alla fine degli anni ’80, l’energia finalmente ha iniziato a cambiare e che la pesantezza si è trasformata in un’atmosfera di leggerezza e di gioia palpabili. Quando centinaia di persone praticano il camminare con consapevolezza ogni giorno nel bosco, quando vivono con presenza mentale e amore per la Terra, la Terra lo sente e quest’energia collettiva di presenza può avere un effetto di guarigione.

Los Llanos
Los Llanos, le savane orientali della Colombia.
© Alejo Rendón (David), CC BY-SA 2.0

Un altro bell’esempio di come possiamo portare guarigione alla Terra quando guariamo noi stessi viene da Gaviotas, un eco-villaggio in una terra desolata nelle savane della Colombia. A Gaviotas, praticano l’agricoltura biologica e utilizzano energia generata dal vento e dal sole; le stufe nel loro ospedale di ultima generazione funzionano a base di metano proveniente da letame bovino. In più, anche quando il quadro politico era molto instabile, l’ospedale curava chiunque. Guerriglieri, militari del governo, soldati paramilitari, tutti erano trattati liberamente e ugualmente: i nemici erano spesso curati l’uno accanto all’altro nelle stesse camere. L’unica regola che hanno è che le armi sono vietate. Ogni famiglia gode di un alloggio gratuito, di pasti condivisi e di educazione. “Non ci sono né armi, né polizia, né carceri. Non c’è un sindaco. Le Nazioni Unite hanno chiamato il villaggio un modello di sviluppo sostenibile.”1

Gli abitanti del villaggio di Gaviotas si sostengono con la coltivazione e la vendita di resina di pino. Hanno piantato milioni di esemplari di una specie particolare di pino, capace di crescere nel loro terreno sterile delle savane, dove vi sono livelli altissimi di alluminio, che per la maggior parte di coltivazioni redditizie sarebbe tossico. Le loro pinete ora coprono più di 8000 ettari. La presenza del bosco ha modificato il clima locale, generando il 10% di precipitazione in più, e ora sta ricrescendo una foresta pluviale antica, della cui esistenza nessuno era a conoscenza. In questi anni, gli alberi di pino hanno fornito l’ombra necessaria perché potessero fiorire nuovamente le piante di un’antica foresta pluviale che una volta copriva l’intera regione, i cui semi erano rimasti quiescenti. Ora la rigenerazione di specie indigene sta pian piano prendendo il posto dei pini.2

Quando creiamo luoghi di guarigione per gli esseri umani, facilitiamo la guarigione della natura. Perché uno spazio possa essere un luogo di guarigione dobbiamo essere in armonia con la natura, e dobbiamo relazionarci alla natura in maniera non basata sull’estrazione e sullo sfruttamento.

La crisi ambientale è una manifestazione esteriore di una crisi della mente e dello spirito. Non c’è fraintendimento più grande che credere che si tratti soltanto di specie a rischio di estinzione, di inquinamento e di paesaggi deturpati dall’uomo. Essi ne fanno parte, ma principalmente la crisi gira attorno alla domanda: che tipo di creature siamo, e che cosa dobbiamo diventare per poter sopravvivere.” (Lynton K Caldwell, “Living in the Environment”)

Auguro che noi possiamo tenere davanti a noi, nel nostro lavoro per guarire il nostro pianeta, le nostre relazioni con gli altri. che possiamo ricordare che la via è importante quanto la destinazione e prestare grande attenzione a “che tipo di creature siamo e che cosa dobbiamo diventare”, nei nostri pensieri, parole e azioni, e in tutte le nostre interazioni con gli altri. Sapremo allora che prenderci cura gli uni degli altri è prendersi cura della natura, e che prendersi cura della natura è anche prendersi cura gli uni degli altri.

Kaira Jewel Lingo
Kaira Jewel Lingo

Kaira Jewel Lingo, maestra di Dharma, per quindici anni è stata monaca nella comunità di Thich Nhat Hanh. Ora vive a Colombo, Sri Lanka. Tiene ritiri a livello internazionale, offre percorsi di mindfulness per educatori, genitori, giovani nelle scuole, insieme ad attivisti, persone di colore, artisti, famiglie, e offre mentoring spirituale individuale. È docente allo Schumacher College e a Mindful Schools ed è insegnante guida di One Earth Sangha. Esplora l’incrocio fra arte, gioco, ecologia, e la pratica corporea di consapevolezza, è insegnante di yoga e una guida di InterPlay. Ha curato il libro di Thich Nhat Hanh Semi di Felicità: Coltivare la consapevolezza insieme ai bambini e i suoi testi sono stati pubblicati in molti libri e riviste.

1 Community Research Project

2 Gaviotas: A Village To Reinvent the World di Alan Weisman, 2008

5 risposte a “Guarire la Terra guarendo noi stessi”

  1. Grazie di cuore, un messaggio importante da portare nella vita quotidiana, tra le mani e nei passi, negli sguardi e sulle labbra, un po’ prima che escano le parole…

  2. Con gratitudine per le parole lette e ispiranti, per la visione e la testimonianza di esperienze che funzionano e che illuminano il cammino. Grazie Kaira Grazie Thai

  3. Grazie per l’averci ricordato chi siamo con chi dove…in un linguaggio semplice accessibile.La nostra ecoansia è purtroppo tanto giustificata…riannodare i fili del nostro essere assieme con ,è il compito della vita,il vero viaggio della nostra vita.Grazie ancora!

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